Al centro della filosofia di Marchionne, la progettazione di linee di lavoro a zero fatica
Da Mirafiori a Cassino, nel 2006 il progetto pilota che avrebbe rivoluzionato il lavoro nelle fabbriche del gruppo Fca
Da Mirafiori a Cassino, nel 2006 il progetto pilota che avrebbe rivoluzionato il lavoro nelle fabbriche del gruppo Fca
Si è scritto molto questa estate di Sergio Marchionne e della sua eredità più grande, ovvero la trasformazione dell’azienda automobilistica italiana in una multinazionale all’avanguardia, iscrivendo così la Fiat del Novecento all'albo della sfida competitiva mondiale.
I quattordici anni con Marchionne sono stati per Fca radicali: la sua guida non è stata caratterizzata solo da strategie e investimenti originali e indovinati, ma soprattutto da una più importante rivoluzione interna: quella che ha investito il modo di lavorare e di “vivere la fabbrica” soprattutto da parte dei lavoratori.
In questa evoluzione ha avuto un ruolo chiave il riconoscimento dell’ergonomia come disciplina chiave per la costruzione di una fabbrica senza fatica, migliorando le condizioni e gli ambienti di lavoro e superando il modello classico fordista incentrato sull’operaio-massa.
L'utilizzo dei big data è diventato fondamentale per studiare postazioni di lavoro ergonomiche
Le pagelle degli operai parlavano chiaro, ma non solo
A parlare del cambiamento del lavoro nelle fabbriche non sono solo le immagini degli stabilimenti belli e puliti come cliniche svizzere ma anche i numeri. Se si guarda alla continua riduzione di infortuni che si registra negli stabilimenti del gruppo oramai da 11 anni, emergono cifre che fanno riflettere: una riduzione del 9% dell'indice di frequenza rispetto al 2016 e del 79% rispetto al 2010 (0,09 infortuni ogni 100 mila ore lavorate) e –21% sul 2016 e –77% sul 2010 dell'indice di gravità (con 0,03 giorni di assenza per malattia ogni 1.000 ore lavorate), consentendo risparmi al gruppo pari oltre 105 milioni dal 2012 al 2017 derivanti dalla riduzione dei premi assicurativi pagati all’Inail. E ancora, non è finita qui: la drastica riduzione dei disturbi legati all’apparato muscoloscheletrico (schiena, braccia, spalle, collo e polso) con un indice di frequenza delle malattie professionali (rapporto tra i casi di malattia professionale e le ore lavorate per 100 mila), in continua riduzione, nel 2017 è stato pari a 0,08 (0,14 nel 2016).
Negli ultimi anni, gli operai stessi hanno raccontato questo cambiamento. Nel 2015 la ricerca Fim-Cisl “Le persone e la fabbrica. Una ricerca sugli operai Fiat Chrysler in Italia” presentava i risultati sorprendenti di 5.000 questionari che davano voce ai lavoratori e che raccontano di postazioni di lavoro più semplici, di stazioni adattative, sempre meno faticose e che non richiedono più sovraccarichi fisici.
Su YouTube si trova ancora il video spot di quella ricerca in cui Carlo de Simone – operaio di Pomigliano – racconta la trasformazione «per le operazioni di cablaggio prima mi piegavo a 90 gradi sovraccaricando la colonna vertebrale, oggi la macchina in linea si alza ad una altezza media, non è più l’operaio che va alla macchina, ma la macchina che va verso l’operaio» «per montare i tubi del sistema frenante, i ganci girevoli, portano l’auto ad altezza uomo». Rita Coviello – prima team leader a Pomigliano – diceva «la gente lavora con più tranquillità, non c’è più addosso quella pesantezza, quello stress e ciò garantisce la qualità del lavoro».
Ebbene si, il 64% dei lavoratori riconosceva la riduzione della fatica fisica, la semplificazione delle mansioni oltre all’ordine, alla pulizia e alla sicurezza come elementi base per un nuovo modo di lavorare in fabbrica.
Quando e come è cambiato il lavoro in Fca
«Il seme dell’idea che avrebbe rivoluzionato il lavoro nelle fabbriche: progettare linee di montaggio a zero fatica, fu gettato nel 2006 con un primo progetto pilota a Mirafiori sulla linea di montaggio Musa-Punto-Idea» racconta Gabriele Caragnano, direttore tecnico di Fondazione Ergo «A Mirafiori fu completamente ripensato il modo di lavorare degli operai, cambiando completamente il ritmo della catena dando vita a quella che il quotidiano La Repubblica definì la danza degli operai».
A livello tecnico, è stato introdotto il metodo Mtm-Uas per la determinazione del tempo e lo studio dei movimenti necessari per eseguire le attività manuali previste per ogni attività e Eaws (Ergonomic assessment worksheet) per il calcolo dell’indice di carico biomeccanico della postazione in esame. Ovvero da quel momento entra nel Dna di Fca il più noto sistema Ergo-Uas, uno strumento definibile di “co-design” con il fine di realizzare processi produttivi human centered.
Lo studio ergonomico per ottimizzare i compiti lavorativi, a livello sia delle singole postazioni di lavoro, sia dell’intera linea produttiva, iniziò ad indossare una nuova veste: quella dell’ergonomia preventiva con l’obiettivo di avere postazioni di lavoro tutte verdi (cioè senza sforzi fisici).
Ma cosa succede in fase di progettazione?
Le singole competenze, è chiaro, oggi sono poco utili. L’ergonomo, invece, al fianco dell’ingegnere, del progettista industriale e dell’operaio che diventa sempre più tecnico e specializzato, mettono in campo un mix di know how che consentono di progettare le singole postazioni di lavoro in maniera ottimale. È la progettazione di gruppo, in cui i partecipanti contribuiscono, in modo creativo e aperto, a sviluppare soluzioni nuove o migliori individuando problemi, ma anche opportunità, in modo circolare e non più lineare, superando le barriere dell’organigramma aziendale che dà linfa nuova alla fabbrica che nasce e viene costruita a misura d’uomo.
«Era questo che faceva funzionare la danza. La danza degli operai allora riguardava 1.500 lavoratori. Oggi oltre 25.000 nelle fabbriche d’auto italiane» aggiunge Caragnano, perché velocemente questa nuova filosofia ha consentito la rinascita di Pomigliano e poi di Melfi, Grugliasco, Cassino e Sevel.
Dal 2010 gli infortuni sono diminuiti del 79% grazie ai processi di riorganizzazione della fabbrica
Simulazione immersiva
L’evoluzione dell’ergonomia negli ultimi anni ha avuto una incredibile accelerazione anche con l’avvento della tecnologia e l’utilizzo dei big data.
Lo studio delle postazioni di lavoro si è evoluto nel tempo, fino ad arrivare oggi a una fusione tra l’ambiente reale degli impianti industriali e quello virtuale del cosiddetto “Internet of Things”.
«Nel 2012 in Fca è stato creato un laboratorio di ergonomia che consente di replicare tutte le attività che a progettazione e in linea hanno delle criticità e che hanno bisogno di essere riviste o completamente riprogettare» racconta Stefania Spada, responsabile dell’ergonomia in Fca. L’approccio virtuale all’ergonomia avviene attraverso strumenti avanzati di simulazione che, grazie ad una rappresentazione del posto di lavoro in 3D permettono di valutare aspetti legati ai movimenti che l’operatore dovrà eseguire per svolgere le attività richieste, rendendo possibile uno studio preciso del metodo e dell’ergonomia.
In quest’ambiente, dei manichini virtuali permettono di riprodurre i compiti di lavoro realizzati dagli operatori e di valutare indici produttivi ed ergonomici, mediante tecnologie di realtà immersiva o aumentata, sfruttando le più innovative soluzioni di fruizione di tali ambienti.
Dalle postazioni adattative a quelle auto-adattative
Entrando nello stabilimento di Cassino, oggi si può vedere un qualcosa che ha del futuristico, l’operaio che si identifica con il badge che contiene i suoi dati antropometrici e la postazione si auto-adatta in maniera dinamica attraverso il riconoscimento del percentile antropometrico ottenuto dall’elaborazione delle caratteristiche dell’operaio. La postazione, dunque, si alza o si abbassa in automatico, a differenza delle attuali postazioni che generalmente sono fisse, basate su parametri medi standard.
Come è possibile tutto ciò? L’utilizzo dei big data è diventato strategico nel settore dell’health and safety. Fca negli anni ha registrato 13 punti antropometrici oltre a peso, statura, provenienza del lavoratore e dei genitori di ben 6.000 operai (3.000 uomini e 3.000 donne) tra i 18 e i 65 anni in 13 stabilimenti italiani. Questa enorme mole di dati ha consentito di creare umanoidi in grado di rappresentare le fisionomie reali degli operai, studiare postazioni di lavoro ergonomiche, allocare il personale in modo efficiente in base alle sue caratteristiche antropometriche, gestire meglio i Dpi (dispostivi di protezione individuale) senza sprechi, diminuendo ancora di più i rischi. Le postazioni di lavoro oggi “adattive”, nel breve futuro diventeranno “auto-adattative”, proprio come quella descritta di Cassino.
Così la danza dei lavoratori Fca potrebbe diventare un punto di riferimento per tutta la manifattura italiana.