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L’industria cambia e la comunicazione deve accompagnarla. A patto di cambiare a sua volta.

L’industria manifatturiera è nel pieno di un cambiamento epocale. Pungolato dalla pandemia, prima, e poi dalla crisi energetica scaturita dalla guerra, il settore è stato spinto a un salto per il quale - evidentemente - i tempi erano già maturi, visto che il sistema ha cambiato pelle reggendo sostanzialmente il colpo attraverso nuove strade. Come tutti i cambiamenti, anche questo avrà bisogno di tempo per assestarsi: il percorso continua, ad esempio, con la digitalizzazione dei processi e, in Italia, con l’impiego delle risorse non ancora spese per i piani della transizione 4.0 previsti anche dal PNRR. 

In questa ampia revisione di dinamiche e processi, anche la comunicazione che le imprese attivano deve riuscire a cogliere gli spunti giusti e adatti al momento, per stimolare l’attenzione verso i nuovi mezzi che accompagnano il cambiamento, rispettando esigenze di consumo, rinnovo delle filiere e delle dinamiche di mercato. 

In particolare, la comunicazione industriale contribuisce a questo rinnovamento scalando la marcia rispetto al filone della comunicazione promozionale e abbracciando invece una comunicazione che riparta dai fondamentali delle imprese stesse: risorse, idee, scoperte e persone, che sono a ben vedere l’unica cosa che rende davvero unica un’azienda, perché quel mix di talenti e capacità è irripetibile. 

in foto Elena Palieri, CEO Promix

D’altronde, ancorché spesso considerata priva dell’allure che possiedono altri comparti dell’economia, come il fashion o gli eventi, l’industria manifatturiera resta ancor più di altri settori un mondo fatto primariamente di persone che inventano per produrre e di altre che imparano a fare, per rendere disponibili quelle invenzioni al maggior numero possibile di altre persone. 

Proprio il fattore umano, il lato emozionale di questo settore, è il cuore della visione di Promix, unica realtà italiana specializzata nella comunicazione per l’industria manifatturiera, con un peculiare focus sulla stampa 3D. Un unicum nato contro corrente e forse per questo pronto ad avere le spalle larghe. 

Innanzitutto, l’agenzia è stata fondata nel 2020, nell’anno della pandemia che ha messo a durissima prova molte realtà imprenditoriali, quando era necessaria una dose extra di coraggio per lanciarsi in nuove avventure. Poi, è stata immaginata e voluta da una donna, Elena Palieri, che non arrivava da una famiglia di industriali: non “doveva” dunque proseguire una tradizione o raccogliere un testimone, ma voleva mettere in pratica quanto compreso nel corso di una corposa gavetta nell’ambito della comunicazione per l’industria. 

Infine, è nata per parlare all’industria attraverso un metodo umano, per raccontare, informare e condividere quei processi che sono i veri protagonisti di una crescita comune. 

Questa vision estremamente peculiare ha trovato subito terreno fertile per crescere, a dimostrare la bontà non solo dell’intuizione, ma anche del metodo messo in pratica da Promix. «Promuoviamo una comunicazione funzionale, non meramente promozionale», spiega Elena «le aziende parlano meno del loro prodotto e si concentrano di più sulla costruzione e sul racconto di modelli produttivi sostenibili nel tempo. E per noi “sostenibili” significa: rispettosi dell’ambiente, delle risorse economiche e naturalmente del valore umano». Un cambio netto di paradigma, dunque, che trova una corrispondenza immediata nella specializzazione verticale che Promix ha rapidamente maturato nel mondo dell’industria e della stampa 3D, visto che annovera fra i suoi clienti produttori e rivenditori di stampanti 3D, service, produttori di materiali, creatori di software, ma anche multinazionali protagoniste del mondo racing e automotive e grandi realtà dell’industria medicale e biomedicale.

Parlando di settori, la stampa additiva è uno fra i più vivaci a livello mondiale, nonché leva presente ormai in tutti gli ambiti della produzione manifatturiera, che nel 2022 ha raggiunto quasi 9 MLD/$ di valore. Si stima inoltre che entro il 2030 arriverà a quota 80 MLD, che saranno poi 200 considerando anche tutto l’indotto generato. Per questo il ruolo di Promix non si ferma alla comunicazione che tiene conto dei nuovi processi di digitalizzazione per le imprese, ma conferma il proprio impegno attraverso il ruolo attivo di Elena Palieri in Women in 3D printing, l’associazione americana con oltre 20mila partecipanti, impegnata nella promozione dei ruoli inclusivi sul mercato STEM delle discipline scientifico tecnologiche. 

La formula dell’alchimia è ampia ma il ragionamento di base sembra proprio funzionare bene. Nel giro di due anni Promix ha aperto una sede anche in Austria, pronta a “coccolare” anche gli esigentissimi clienti del mercato di lingua tedesca. Una sfida che – di nuovo – sembra andare contro corrente, per avere alla fine ancora più ragione. Un po’ come l’industria. 

Dice infatti Elena «Il mercato industriale è intraprendente, non ha paura di osare e sempre più di frequente sceglie di mescolare innovazione e tradizione, ripescando quei valori più umani che, operativamente e comunicativamente, possono muovere le imprese. Promix è nata proprio con l’obiettivo di evidenziare e cementificare questa abilità, accompagnando i clienti verso una riduzione dell’approccio puramente pubblicitario, in virtù di una presenza più umana e vicina all’utente finale, con il giusto mix di know-how, competenza tecnica e slancio personale». 

D’altronde, non si fa che ripetere che il mondo è cambiato e l’industria non poteva fare altrimenti, soprattutto durante e dopo la prova del Covid19. Naturale dunque che cambi anche il modo in cui sceglie di raccontarsi e presentare il suo lavoro. Commenta a tal proposito Palieri «L'industria si è trovata nell'occhio del ciclone, dovendo modificare e adattare il proprio modello operativo per non soccombere. Proprio la passione e lo slancio di questo incredibile settore, che io amo definire “Mercato della Creazione", ha fatto sì che non si fermasse». E chi, in questo cambiamento, ha saputo ascoltare il proprio pubblico, fidandosi e affidandosi, è risultato vincente.

Ma come si crea un modello di comunicazione così innovativo, in un settore considerato estremamente tradizionale? «Tornando ai valori fondamentali. Non sono necessari strumenti di comunicazione e marketing automatizzati high level, se prima non abbiamo una profonda conoscenza del mercato e dei processi che vogliamo diffondere. Fondamentale è conoscere il più possibile l’impresa dei nostri clienti, instaurando un rapporto di fiducia e - quando è necessario - imparando direttamente il loro mestiere, anche attraverso corsi di formazione e workshop dedicati, per essere poi in grado di raccontarlo». 

Una lezione importante, di consapevolezza e umiltà: prima di lavorare sulla brand awareness, bisogna puntare sulla conoscenza del prodotto e della produzione, per offrire al pubblico contenuti e strumenti di valore che portino al tessuto industriale nuove soluzioni concrete, a beneficio di una crescita comune, possibile solo attraverso una buona comunicazione. 

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