«L’idea dell’Opificio Digitale di Wärtsilä Italia – spiega Giuseppe Saragò Director Manufacturing Excellence di Wärtsilä – nasce quando, nel 2016, abbiamo iniziato a investire nella digitalizzazione dell’impianto e abbiamo capito che se volevamo un impianto smart dovevamo muoverci verso un concetto di extended enterprise, coinvolgendo la nostra supply chain e il territorio in cui siamo inseriti.
L’idea quindi era quella di aprirci alle contaminazioni, svolgendo già da allora, senza esserlo, le funzioni del Lighthouse». Infatti il progetto Opificio Digitale di Trieste, a cui partecipano CNR, Area Science Park e EY-Teorema, diventa ufficialmente Lighthouse nel 2020.
[Di altri cluster abbiamo parlato qui N.d.R.]
«Il nostro obiettivo – continua Saragò – è quello di arrivare a realizzare una piattaforma software opensource che vogliamo condividere con tutta la filiera produttiva. Una piattaforma scalabile, progettata per l’interoperabilità e per lo scambio di dati, per accelerare la digitalizzazione nostra, dei nostri partner e del territorio.
Partendo dal principio secondo il quale se compartecipo allo sviluppo della piattaforma riesco a farla evolvere più velocemente. Non solo, ma se ci scambiamo e analizziamo insieme i dati lungo la filiera riusciamo a risolvere problematiche comuni più velocemente e a essere contemporaneamente più produttivi e flessibili. Aumentiamo la qualità dei nostri prodotti e la competitività di tutte le imprese coinvolte, non solamente della capofila».
Da commistione e confronto sono nate delle partnership che hanno portato a interessanti forme di trasferimento tecnologico, dove alcune soluzioni sono state trasferite su prodotti dando vita a un circolo virtuoso
Il secondo pilastro del Lighthouse è quello degli spazi collaborativi messi a disposizione con il supporto del competence center dello SMACT in cui si sviluppano soluzioni per lo smart manufacturing che implementano in fabbrica e che poi lasciamo alle altre aziende.
«Gli spazi collaborativi – riprende Saragò – sono divisi in due parti: laboratori e spazi di programmazione, luoghi di incontro e spazi per partnership dedicate (manufacturing acceleration center) dove abbiamo cobots, laboratori dove si può fisicamente costruire hardware e stampanti 3D che servono nella parte più tecnologica della collaborazione. Il tutto rappresenta una sorta di sistema operativo del manufacturing.
Qui infatti i nostri partner possono sviluppare delle applicazioni utili a Wärtsilä stessa o a qualunque altro player interessato». Alla base dello smart manufacturing ecosistem c’è la condivisione della conoscenza e la commistione tra realtà (aziende o centri di ricerca) e competenze diverse come il principale veicolo della crescita industriale che va al di fuori della “fabbrica stessa”.
Riprende sempre il Director Manufacturing Excellence di Wärtsilä «Vogliamo dimostrare che è possibile muoversi verso una extended enterprise, dove non è Wärtsilä che si inserisce su tutta la filiera, ma sono tutte le aziende partner che possono allargarsi nelle altre collaborando nella risoluzione di quei problemi fondanti, che sono comuni e che vale la pena risolvere insieme».
Collaborazioni così estese che vanno al di là della “fabbrica” e del manufacturing. Da commistione e confronto sono infatti nate delle partnership che hanno portato a forme di trasferimento tecnologico piuttosto interessanti, dove alcune soluzioni sono state trasferite su prodotti, dando vita a un circolo virtuoso originale.
Una forma altrettanto avanzata di collaborazione si sta progettando per le macchine utensili. Dal momento che il lavoro che svolgono è simile per tutti quelli che le usano, l’idea è di mettere in comune i dati, dopo averli anonimizzati, per costruire degli algoritmi come base di partenza per studiare e implementare soluzioni di manutenzione predittiva che possano poi valere per tutti.
Vogliamo dimostrare che è possibile muoversi verso una extended enterprise, dove tutte le aziende partner possono collaborare nella risoluzione di problemi comuni
«Tutti quelli che hanno dati – conclude Saragò – si dovrebbero impegnare a creare queste librerie comuni: non impattano sulla competitività dell’azienda, ma riducono il tempo per la risoluzione dei problemi. È un modello di approccio che servirebbe molto anche al Sistema Italia». Le attuali tecnologie, che evolvono molto velocemente, non possono più essere comprate solo a scaffale, è necessario essere in grado di gestirle e di combinare le differenti soluzioni per essere più agili.
Anche per questo tra i partner di Wärtsilä ci sono system integrator, per lo stesso motivo la piattaforma sarà costruita con lo stile Lego, in modo che micro servizi possano essere aggiunti e declinati sulle legittime specificità di ogni azienda. «Le aspettative di tutto questo lavoro sono numerose. Puntiamo ad abbattere le problematiche di filiera del 30-40% e ad aumentare l’efficienza di tutta la value chain del 20-30%. Contiamo, inoltre, di raggiungere una flessibilità reale della produzione, ma non a discapito dei nostri fornitori.
Riteniamo infatti che con sistemi condivisi si possa riuscire a scalare le produzioni, riconfigurando le linee o rivedendo il processo per ridurre dei costi. L’ultima aspettativa che abbiamo è quella della crescita delle competenze nel territorio, aprendoci speriamo infatti di contaminare la regione favorendo la crescita di nuovi partner e di nuovi fornitori a km0».