Certificati bianchi a rischio: la bozza del Mite preoccupa l'industria meccanica italiana
Saranno abbassate le quote rivolte ai meccanismi di efficienza energetica, un’azione non in linea con gli obiettivi fissati al 2030.
di Lucrezia Benedetti
Saranno abbassate le quote rivolte ai meccanismi di efficienza energetica, un’azione non in linea con gli obiettivi fissati al 2030.
di Lucrezia Benedetti
La bozza del decreto realizzata dal Ministero della Transizione ecologica preoccupa l’industria meccanica. Si preannuncia una diminuzione di fondi e degli obiettivi di efficienza energetica previsti dal meccanismo dei certificati bianchi. Il settore maggiormente coinvolto è quello della cogenerazione, rappresentato in Italia dall'associazione Italcogen (federata Anima Confindustria), ma sono toccati dal tema anche altri comparti della meccanica legati alle tecnologie per l'efficienza energetica in ambito industriale.
Nel corso degli anni i certificati bianchi hanno dimostrato di essere uno dei meccanismi più efficaci, anche in termini di costi, per promuovere gli interventi di efficientamento energetico in tutti i settori, in particolare quello industriale. Pur necessitando di migliorie e aggiornamenti per rimuoverne le criticità e riavviare la produzione di titoli, lo strumento merita indubbiamente di essere conservato.
«L'attuale bozza – afferma Marco Golinelli, presidente Italcogen – ridimensiona drasticamente gli obiettivi di risparmi energetici da conseguirsi con i Certificati Bianchi e rappresenta una minaccia per la filiera nazionale di produttori di componenti e impianti e per i relativi posti di lavoro, eccellenze nella manifattura e nell'export verso paesi europei ed internazionali. Con l'attuale formulazione si riducono drasticamente futuri investimenti in efficienza energetica del settore industriale, minandone la competitività».
Non si riscontrano, infatti, nel decreto ministeriale i tanto auspicati e attesi commi finalizzati al "potenziamento" di tale strumento, rilevando anzi una controtendenza sia con l'ambizioso Green Deal Europeo avente orizzonte il 2030, sia con il più specifico principio "energy efficiency first (EE1st)".
I certificati bianchi hanno dimostrato di essere uno dei meccanismi più efficaci, anche in termini di costi, per promuovere gli interventi di efficientamento energetico in tutti i settori, in particolare quello industriale
L'Italia si pone di raggiungere l'obiettivo al 2030 di riduzione dei consumi di energia primaria del 43% ed una diminuzione complessiva dei gas effetto serra del 56% rispetto ai livelli del 1990. Il Piano Nazionale integrato Energia e Clima (Pniec), anch'esso in revisione per adeguarsi ai nuovi ambiziosi scenari energetici, necessita di strumenti attivi quali il meccanismo dei Certificati Bianchi appunto. Una rivisitazione "al ribasso" dello stesso è da considerare in netta controtendenza, aprendo inoltre la strada per una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea verso l'Italia per il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti.
Il mercato complessivo dei Certificati Bianchi, delineato dalla bozza del decreto ministeriale, rischia di ridursi drasticamente da un volume di circa due miliardi a valori dell'ordine di 150/200 milioni di euro, dimensione che lo condannerebbe alla definitiva scomparsa, con un impatto significativo sulla filiera industriale nazionale.
Si fa poi presente che la sola cogenerazione ad alto rendimento (Car) ha permesso nel 2018 risparmi per 1.526.017 Tep - tonnellate equivalenti di petrolio (fonte: report annuale MiSE 2020 sulla Car).
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