100 anni per raccontare
l’industria italiana
Cento anni fa il primo numero. La nascita dell’Industria Meccanica risale infatti al gennaio del 1919. L’editore, Anima (acronimo che allora stava per “Associazione nazionale fra gli industriali meccanici ed affini”), era più vecchia di cinque anni: fondata il 5 febbraio del 1914 con l’adesione di 33 soci, che però nel giro di un biennio diverranno parecchie centinaia.
L’industria meccanica italiana, seppur con ritardo rispetto a quanto avvenuto negli altri grandi paesi europei, stava acquisendo una dimensione e una consistenza di rilievo, sia tecnologica sia economica. In effetti, sebbene alcune realtà della meccanica si fossero già affermate anche oltre i confini nazionali (e tra questi basti ricordare soci storici di Anima, come l’Ansaldo, fondata nel 1853, e la Fiat, fondata nel 1899), mancava ancora nel nostro paese un vero tessuto imprenditoriale che facesse da terreno di coltura a moderne strategie di sviluppo produttivo e commerciale.
In questo contesto industriale, per molti versi ancora immaturo ma certamente fertile, Anima ha agito da catalizzatore delle risorse disperse della meccanica “varia”: costruttori di macchine e componenti, di caldaie, di valvole, di rubinetteria ecc. È stata, in pratica, un riferimento per tutti quei settori della meccanica che, pur avendo un già un certo impatto sull’economia nazionale, non godevano di grande visibilità pubblica e quindi di attenzioni a livello politico e istituzionale. Ma in larga parte erano proprio quei settori che, negli anni a seguire e più di altri settori industriali, si sarebbero fatti portatori delle tipicità dei prodotti e dei servizi del “made in Italy”: tecnologia, qualità, design.
La nascita della rivista
È merito soprattutto del primo Presidente di Anima, Giovanni Silvestri, aver spinto la nascita della rivista, con una motivazione forte riportata nell’editoriale del primo numero: occorreva un mezzo per comunicare con i soci, perché “malagevole riesce a riunirli in assemblea perché poco volentieri, per una naturale ma deplorevole ritrosia di noi italiani, si accede ad inviti di codesto genere”.
Fondatore della rivista è Riccardo Falco, allora direttore generale di Anima. A partire dalla successiva direzione di Italo Locatelli il nome del fondatore rimarrà indicato in copertina fino alla fine degli anni ’30.
La prima redazione della rivista è a Milano in via Tommaso Grossi 2. Nel 1928 si trasferisce, al seguito di Anima, in Foro Buonaparte 16, per poi passare al numero 2 di piazza Diaz. Nel 1991 si trasferisce di nuovo, questa volta in via Battistotti Sassi 11, fino all’attuale sede di via Scarsellini 13 nel 2005. L’attuale edificio ospitava in precedenza parte della redazione, l’archivio e la stampa dei periodici Rizzoli.
La rivista, diffusa attraverso abbonamento postale, è in origine mensile. Esce al costo di una lira il primo anno, prezzo di copertina che sale a 3 lire a partire dal 1920. L’abbonamento per l’Italia e le Colonie è di 30 lire annue. Con il numero di novembre/dicembre 2012 la periodicità diverrà invece bimestrale, mentre nel 2011 si affiancherà al magazine cartaceo il giornale online.
Ben presto la rivista cessa di essere uno strumento di comunicazione esclusivo tra i soci per diventare uno strumento di comunicazione tra tutti gli operatori italiani della meccanica. E sono già tanti e validi anche in quegli anni Venti, che ancora deve fare i conti con le grandi ferite sociali ed economiche inferte, tanto ai vinti che ai vincitori, dal lungo conflitto che ha insanguinato l’Europa.
Ma proprio in quegli stessi anni il nostro paese imbocca finalmente la strada della rivoluzione industriale, già battuta con successo dai nostri vicini europei.
Nelle pagine della Rivista di quei tempi appare evidente lo sforzo delle nostre imprese a crescere e ad acquisire credito sui mercati internazionali, allora praticamente ristretti entro i confini europei. Articoli di economia e tecnica contribuiscono alla crescita industriale e culturale del mondo della meccanica e della sue ambizioni all’export, tanto che proprio quel mondo diverrà presto uno dei settori di punta dell’economia nazionale. Ma non mancano anche articoli che, nel linguaggio giornalistico moderno, chiameremmo “di opinione”, che si fregiano di firme illustri del mondo industriale e istituzionale. E a seguire le pagine con gli annunci economici, le novità di prodotti, le comunicazioni aziendali, le leggi in materia di produzione e lavoro, la pubblicità.
Dalle origini al boom economico
Negli anni del fascismo, segnati da una pesante intromissione delle direttive del regime nel mondo dell’informazione anche specialistica, L’Industria Meccanica seppe tenere una linea moderata, limitando al massimo gli articoli di opinione, apologetici del nuovo corso e in linea con le “veline” del Minculpop, privilegiando gli articoli di contenuto tecnico, legale ed economico.
Nei primi anni Cinquanta, rimosse le macerie materiali e morali del secondo conflitto mondiale, l’Italia è soggetta a una profonda e rapida trasformazione economica e sociale, passando da un’economia agricola a un’economia industriale e da una società contadina a una società operaia e urbana. Una trasformazione che ovviamente tocca anche il mondo della meccanica, che trova nel Nord Italia lo sviluppo più forte sia nella grande che nella piccola impresa.
L’Industria Meccanica accompagna questa trasformazione, evidente nei contenuti e nella struttura editoriale: basta al riguardo seguire le evoluzioni della copertina disegnata in base a modelli formali che cercano di soddisfare i gusti di un pubblico che adesso esige dalla stampa tecnica, oltre ai contenuti, modernità nei testi e nella grafica: impostazione giornalistica degli articoli, interviste, titolazione “aggressiva”, esteso uso del colore e così via.
Il made in Italy come filo conduttore
La formula editoriale, relativamente lineare e semplice, si mantiene con poche varianti sino agli anni Settanta, quando ancora questo tipo di stampa si definiva “tecnica”, anziché come oggi “business to business”. Da allora la comunicazione si aprirà di più all’attualità, sfruttando anche le grandi semplificazioni che l’informatica e il personal computer offrono nella redazione dei testi, nel trattamento delle immagini e nell’impaginazione.
Il 2013 arriva il restyling grafico del magazine, sempre più improntato a fornire agli imprenditori una guida per muoversi nel mercato attuale. Nel 2017 la nuova linea editoriale posiziona la testata come uno strumento per aiutare gli imprenditori della meccanica italiana a migliorare il proprio business.
Nei molti elementi di continuità e di discontinuità rintracciabili nella lunga storia di 100 anni di L’Industria Meccanica, un elemento appare costante: l’impegno alla promozione delle imprese italiane e dei loro prodotti e servizi sul mercato interno e internazionale, al rispetto delle regole e alla difesa dei consumatori. In questo modo la rivista nel suo ambito è stata e continua ad essere la bandiera del “Made in Italy”, che non scade nel protezionismo, ma ambisce alla valorizzazione dei punti di forza del variegato mondo della meccanica, che sono insieme l’eccellenza tecnologica e il design. Una bandiera che appare indispensabile oggi che il mondo si è fatto molto più piccolo di un tempo, ma anche molto più ricco di opportunità.